Per una Europa delle Regioni
Dopo l'intervento di Giancarlo Vigorelli sugli " Archivi Svizzeri della cultura europea " e l'articolo di Piero Chiara pubblicato nel numero scorso, abbiamo intervistato sullo stesso argomento Piero Bassetti, presidente della giunta lombarda, il quale è un deciso fautore della " Europa delle regioni " e si batte per un maggiore incremento degli scambi culturali tra l'Italia e gli svizzeri-italiani del Canton Ticino.
Il discorso sull'Europa si è riaperto, nelle ultime settimane. E sembra, per molti versi un discorso di speranze, di nuove attese, di meditazioni sulle esperienze del passato. Con un dato nuovo, emergente: che l'unità europea ben difficilmente potrà diventare realtà politica e sociale, se alla base non si rivoluziona in toto il discorso culturale finora sviluppato. E c'è, in Italia, un'ipotesi istituzionale e politica e culturale che si collega, in modo diretto, al decentramento regionale. « Non faremo mai — dice Piero Bassetti, presidente della giunta lombarda — la Europa delle nazioni per motivi storico-nazionali ». L'alternativa, perciò, si concentra sull'ipotesi dell'Europa delle regioni (e illuminante è, in questo senso, il discorso dello stesso Bassetti a Bruxelles).
Non a caso si è scelta la Lombardia, che fra le regioni italiane è quella maggiormente proiettata nella realtà europea (per ragioni geografiche ma anche economiche e sociali), a cominciare dall'immediato contatto con gli svizzeri-italiani del Canton Ticino.
Alla base del discorso, dunque, è un giudizio preciso sul ruolo che le nazioni hanno svolto nello sviluppo della civiltà europea, ma questo ruolo si è esaurito e poi è degenerato pei miti del « nazionalismo ». Anche Bassetti è d'accordo su questa analisi, ma tende a distinguere i differenti tipi di sviluppo che si sono registrali nei diversi paesi, « In Francia — dice — si è avuta l'affermazione di una concezione monarchica del potere (si consideri l'esempio di Giovanna d'Arco), una concezione che potremmo definire "alla Machiavelli”. In Italia, invece, la dimensione del potere è stata la città-stato ». La conseguenza, perciò, è che da noi non si è avuta coincidenza fra dimensione del potere e dimensione del capitalismo, nella sua fase di sviluppo e di affermazione. Da queste esperienze politico-culturali sono derivati anche diversi atteggiamenti di fronte all'Europa: da una parte la cultura nazionale cresciuta con la nazione e la borghesia; dall'altra, la « cultura di popolo », prevalentemente locale, diventata « nazionale » solo con l'affermazione della borghesia e della nazione. Per completare il quadro, si può aggiungere che in Svizzera la realtà si è ancora diversificata, con una dimensione del potere in senso difensivo, fondata sul confederazionismo.
«In questa dimensione — è il discorso di Bassetti — la cultura locale tendeva ad essere il folklore, mentre la cultura con la c maiuscola era la cultura nazionale. In ltalia la dimensione regionale è stata vera fino all'inizio del capitalismo; ma per tutto questo tempo, sul piano regionale, si erano create diverse culture anch'esse degne della c maiuscola, che hanno raggiunto dignità linguistica e letteraria. Basti pensare al Porta, un poeta grandissimo ».
Da tutto questo si può dedurre che la « dimensione di popolo tende, da noi, piuttosto a coincidere con la dimensione regionale, perché lo strato di identificazione nella nazione è superficiale ». Al limite, tanto per restare al caso della Lombardia, si possono trovare motivi di unitarietà e di colleganza con le regioni più vicine, anche se appartenenti a paesi i stranieri (come il Canton Ticino), piuttosto che con certe altre regio ni italiane. Su questo tema una proposta di approfondimento è venuta anche da uno scrittore lombardo, Piero Chiara, in un recente convegno di studi in Svizzera. Cosa ne pensa Bassetti?
« I rapporti tra Lombardia e Canton Ticino — risponde il presidente della giunta regionale lombarda — possono trovare una spiegazioe anazionale, senza misticanze razziste, oltre la dimensione limitata del fenomeno autoctono. La dimensione regionale consente un tipo di rapporto, con un paese cantonale come la Svizzera, del tutta nuovo ». E aggiunge un'al-- 673 -tra considerazione: « La regione rappresenta la dimensione di attività sociale, come conseguenza dell'allargarsi del metro della patria-base. E questo è un principio che si può affermare in una concezione universale del regionalismo, legato al nostro tipo di società ».
Secondo argomento: il dato geografico accomuna la Lombardia alla Svizzera. E ancora: la tensione dei popoli verso quella che Bassetti chiama una « dimensione continentale »: « I popoli sentono che devono integrarsi nel continente, per cui non sentono più la nazione, ma l'unità-base omogenea che può essere ricomposta », Cioè vivono in modo più intenso l'appartenenza al gruppo locale, ma questo sentimento non contrasta anzi rientra in un ideale « sovranazionale ». La tensione, la preparazione all'Europa — secondo Bassetti — «fa ricercare la dimensione di base, per la costituzione di un'Europa di popoli: di popoli, cioè, che hanno scoperto le loro identità ». E ancora: « Se vogliamo liberarci della nazione come portato di classe, dobbiamo riscoprire i valori antropologici unificanti e funzionali ». Nel caso Lombardia-Canton Ticino: la comunanza delle montagne, del comune bacino geografico del Ticino, della difesa ecologica. Insomma: al di là dei confini, I problemi si presentano sotto una stessa prospettiva. E i legami di comunanza aumentano con l'affermarsi di una società che riscopre valori nuovi. Per esempio la montagna. « Il capitalismo aveva la fabbrica come mito, e quinti lo spopolamento, l'abbandono, il decadimento della montagna. La società terziaria rivaluta la montagna, in quanto rivaluta il tempo libero ». E' un esemio. E molti altri se ne potrebbero aggiungere, nella linea di fondo che « la presenza dell'Europa porta lombardi e ticinesi ad intensificare I rapporti ».
Del resto, l'esistenza di una comune cultura è confermata anche da altri dati economici e sociali. Primo fra tutti il fenomeno dei frontalieri, con l'immediato collegamento alle organizzazioni dei lavoratori, sindacati non più « nazionali » ma « internazionali », Di per sè, comunque, i frontalieri son la dimostrazione incontestabile di una stessa cultura, sicché le stesse persone possono, indifferentemente, vivere nell'una o nell'altra società.
A queste nuove prospettive, però, si collegano altrettanti problemi. Problemi sempre più grossi, a mano a mano che aumentano le dimensioni, soprattutto sul piano politico: il sindacato europeo, i partiti europei. Sono temi ancora apertissimi, che forse hanno anche perduto un po' di terreno rispetto ai processi di integrazione economica già avvenuti. Ma non per questo sono meno importanti. Si potrà pensare di affrontarli almeno sullo spaccato, relativamente limitato, dei rapporti fra Lombardia e Canton Ticino?
La risposta di Bassetti è generale: « La soluzione a questi problemi è legata alle fasi politiche attraversate dai diversi paesi. Così anche i potenziali rapporti Lombardia-Canton Ticino possono essere influenzati dalla diversificazione della lotta politi ca ». Che potrebbe indurre la Svizzera ad isolarsi. E' la solita conclusione: i rapporti culturali non si sviluppano sul vuoto pneumatico, ma sul concreto delle realtà economiche, sociali e politiche. E questo vale anche per l'« Europa dei popoli » e per il recupero delle « comunità locali regionali ».
WALTER TOBAGI
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