L'evoluzione delle relazioni internazionali — considerazioni sul ruolo dell'Ipalmo con particolare riferimento ai rapporti con gli Stati Uniti.

I due filoni a cui conviene richiamarsi sono la distensione e il processo di decolonizzazione. La distensione a rigore riguarda di più le grandi potenze che le potenze piccole e medie come l'Italia e comunque copre l'Europa in misura maggiore del Terzo mondodei Paesi in via di sviluppo, a cui si propone di rivolgersi di preferenza l'Ipalmo, ma gli sviluppi della distensione finiscono per aumentare o restrigere il grado di autonomia della politica dei membri minori delle alleanze, /mentre piu di una conseguenza ha il sistema codificato della distensione, Helsinki e trattati bilaterali, sia sulla periferia immediata dell'Europa (Mediterraneo e Medio Oriente,in cui l'Ipalmo è chiamato certamente ad operare) sia, più in generale, sulla politica del Terzo mondodei Paesi in via di sviluppo, che fu a suo tempo il campo di battaglia della guerra fredda, la posta in un certo senso della rivalità Est-Ovest, e che continua ad essere anche oggi al centro delle influenze, qui contrapposte e non convergenti, di Stati Uniti e UrssUnione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche./ Sommati insieme, questi due filoni, soprattutto se per decolonizzazione non si intende solo l'accesso all'indipendenza dei paesi coloniali ma più in generale il recupero di una loro effettiva indipendenza economica sottraendosi al condizionamento del mercato capitalistico mondiale e ottenendo comunque una quota maggiore di partecipazione al sistema, esauriscono in qualche modo le dimensioni Est-Ovest e Nord-Sud,al cui incrocio sta l'Italia, determinando quindi il rapporto, politico ma prima ancora concettuale, fra l'Ipalmo e gli Stati Uniti.

2.

Gli Stati Uniti hanno avversato a lungo per diverse ragioni tanto la distensione quanto la decolonizzazione. Gli storici americani della scuola "revisionista", e naturalmente gli studiosi marxisti, hanno dimostrato come all'origine della guerra fredda ci fosse il tentativo degli Stati Uniti di "globalizzare" la propria egemonia: la divisione dell'Europa sarebbe stata la conseguenza della accertata impossibilità di integrare il mondo comunista nel "sistema" di cui gli Usa erano la nazione-leader, economicamente, politicamente e militarmente. Quanto ai possedimenti coloniali, gli Stati Uniti oscillarono fra una politica formalmente favorevole all'indipendenza, quando ciò poteva facilitare l'inserimento dei nuovi Stati nel sistema occidentale eliminando la causa prima di tensione, e una difesa, diretta o tramite le potenze titolari dei rapporti coloniali, delle posizioni ritenute strategicamente vitali o non sucettibili di un'evoluzione di tipo neocoloniale. Questo disegno globale va tenuto presente nel momento in cui, nell'era della coesistenza e a decolonizzazione ormai praticamente conclusa, agli Stati Uniti si attribuisce di pensare a una riedizione di quella strategia, non escludendo neppur più, come possibili termini di riferimento, gli Stati dell'area sovietica.

Nella sua qualità di organizzazione che interpreta l'anima "progressista" della politica estera di una nazione senza vocazione di potenza a livello mondiale come l'Italia, l'Ipalmo dava ovviamente per scontate la scelta pro-distensione e la scelta pro-decolonizzazione. Erano due caratteri distintivi non discussi e non discutibili. Proprio le incertezze di certe forze politiche definite "partito americano" (repubblicani, socialdemocratici, liberali e una parte della stessa DCDemocrazia Cristiana, non necessariamente la destra, che può nutrire, come accadde con Pella all'epoca del "neo-atlantismo", velleità terzaforziste) sulla priorità fra avanzamento della distensione e della decolonizzazione da una parte e allineamento sulle posizioni degli Stati Uniti dall'altra avevano portato all'esclusione di queste forze dalla sfera dell'Ipalmo. Sommariamente, anche se l'Ipalmo ha sempre cercato di non rompere il canale di comunica 3. zione con la politica ufficiale italiana, gli Stati Uniti erano considerati più come un elemento antagonistico che come un alleato. Si presumeva che ci fosse un margine d'azione entro cui fosse nell'interesse dell'Italia distinguersi dagli Stati Uniti e affermare subito posizioni più aperte (anche per certe ovvie implicazioni di carattere economico).

Per chiarire meglio il problema, si dovrebbe ricordare anche la preoccupazione dell'Ipalmo di non sopravvalutare le potenzialità "nazionali" dell'Italia e di accordare le proprie iniziative, e quindi implicitamente le proprie analisi, all'Europa, presa come quadro di riferimento obbligato. La CeeComunità Economica Europea aveva maggiori possibilità di rendere effettive certe opzioni sia in tema di autonomia dei paesi minori dall'ipoteca delle superpotenze che in tema di raporti con il Terzo mondoi Paesi in via di sviluppo. L'Ipalmo, sulla scorta di una convinzione del resto molto diffusa, ha sempre ritenuto che uno dei problemi che avrebbero misurato la capacità della CeeComunità Economica Europea di assumere una sua identità "esterna" era la gestione indipendente dei rapporti con il Terzo mondoi Paesi in via di sviluppo, con i paesi arabi e con i paesi africani anzitutto. C'era una certa coincidenza con la teoria multipolare elaborata da Kissinger, che affidava all'Europa compiti"regionali", riconoscendo agli Usa "interessi e responsabilita su scala mondiale" e invitando gli alleati a collaborare con gli Stati Uniti "alla soluzione dei problemi nuovi". Si trattava solo di opporsi a ogni gerarchizzazione, come in fondo era nelle intenzioni di Kissinger e degli Stati Uniti. Anche in questa versione "europea", dunque,c'era un'inevitabile rotta di collisione con la politica degli Stati Uniti.

E'È valido ancora questo schema? Le innovazioni sono di due ordini diversi. Come si è detto, gli Stati Uniti non sono più contrari in linea di principio né alla distensione né alla decolonizzazione, anche se sono impegnati in una politica di recupero degli elementi "eversivi" rispetto alla loro egemonia messi in circolo da quei due movimenti. L'Ipalmo, d'altro canto, se si accetta la tesi di un compromesso "strisciante" tra DCDemocrazia Cristiana e PCIPartito Comunista Italiano, con la coopera 4. zione più o meno convinta del PSIPartito Socialista Italiano e delle stesse forze minori di centro-sinistra, le più legate alla politica americana, non può più presentarsi come un'alternativa, fosse pure "dentro" il sistema, alla politica della Farnesina, essendo per certi aspetti una sua espressione, col vantaggio tuttavia di essere meno vincolata alle forme e ai ritualismi/. Come considerare allora la politica degli Stati Uniti?

La premessa è che gli Stati Uniti, con la nuova Amministrazione, porteranno avanti il piano di stabilizzazione-normalizzazione in Europa. L'operazione dovrebbe riguardare l'Italia direttamente. Con quali forze verrà realizzata tale operazione? Di regola — soprattutto nel Mediterraneo — gli Stati Uniti hanno cercato di rafforzare le situazioni in via di destabilizzazione appoggiando le forze di destra, non rifuggendo dai militari o dal fascismo (Grecia, Turchia, Cipro, ecc.), ma l'Italia dovrebbe essere giunta ormai al culmine della destabilizzazione (strategia della tensione) e dovrebbe essere alla vigilia di una inversione di tendenza. Più logico a questo punto è attendersi che la stabilizzazione, come d'altronde anticipato da certi atteggiamenti di Schmidt, avvenga tramite la socialdemocrazia, anzitutto quella tedesca, a imitazione del caso portoghese.

Una simile strategia potrebbe rivalutare in Italia la funzione "centrale" del PSIPartito Socialista Italiano, ma non sarebbe priva di complicazioni sia per la DCDemocrazia Cristiana che per il PCIPartito Comunista Italiano. Non va dimenticato che la DCDemocrazia Cristiana italiana rischia di andare incontro ad un certo isolamento in Europa perché da una parte non condivide le posizioni antisocialdemocratiche per esempio della DCDemocrazia Cristiana tedesca e in genere delle DCDemocrazia Cristiana che in situazioni rigidamente bipartitiche si pongono in alternativa ai partiti di ispirazione socialdemocratica e dall'altra non vuole accettare alleanze organiche con le forze di ispirazione liberale-conservatrice. Il PCIPartito Comunista Italiano, dal canto suo, ha puntato su un collegamento con i socialdemocratici, a costo di entrare in urto con alcuni PC locali (nei paesi nordici, per esempio, dove il monopolio politico di in5.sediamento sociale dei partiti socialdemocratici ha spinto i comunisti su posizioni "settarie"), ma oggettivamente le sue ipotesi europee trovano poca rispondenza a Bonn e a Londra. Una normalizzazione in chiave socialdemocratica rafforzerebbe un'idea germanocentrica dell'Europa che andrebbe stretta alle forze politiche italiane e che lascerebbe poco spazio all'Italia sia in Europa (prevalenza del direttorio centro-occidentale) che nel Mediterraneo (frustrando l'idea di un'alleanza impropria fra l'Italia, eventualmente insieme ad altri paesi europei del Mediterraneo, con i paesi arabi come contrappeso allo strapotere degli Stati più industrializzati).
Un'interpretazione troppo dogmatica delle sfere d'influenza potrebbe anche autorizzare l'UrssUnione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche a altri atti di forza nel proprio settore,forse persino in Jugoslavia, con conseguenze gravissime per la distensione e per l'Italia.

Ciò significa che la normalizzazione in questi termini, riesca o meno, potrebbe non essere risolutiva. L'Ipalmo ha la sua funzione in una qualificazione diversa della stabilizzazione (e in prospettiva della funzione "attiva" dell'Italia nel Mediterraneo). Il pluralismo di cui l'Ipalmo è portatore è certo piu rispettoso delle caratteristiche politiche e culturali proprie dell'ltalia di una semplice accettazione dell'influenza americana o tedesca. L'Italia non ha la coesione sociale che permette alla Germania o alla Gran Bretagna di assorbire nel sistema l'opposizione operaia o degli intellettuali radicali e per di più, anche senza credere troppo alla retorica dell'Italia come "ponte" fra mondo industrializzato e mondo in via di sviluppo, l'Italia non può prescindere da un rapporto privilegiato con i paesi arabo-africani, a meno appunto di non accentuare la sua dipendenza (energia, tecnologia, mercati) dal sistema dominato dagli Stati Uniti e dalle multinazionali. Le contraddizioni di un eccesso di conformismo 6. potrebbero obbligare lo stesso PCIPartito Comunista Italiano a revisioni dolorose del proprio orientamento pro-europeo e pro-atlantico.

Se questa linea argomentativa è valida, il rapporto Ipalmo-Usa, perdendo di inconciliabilità, non foss'altro perché neppure l'opposizione ormai in Italia rifiuta la funzione di "grande alleato" degli Stati Uniti,anche se rimane critica nei confronti dell'imperialismo come sistema di dominazione, conserva un carattere dialettico. Nel senso di offrire un'immagine dell'Italia diversa ma più consistente di quella che sarebbe omogenea ad una normalizzazione piatta. Il problema è di vedere fin dove il sistema occidentale-atlantico-capitalistico è in grado di autorinnovarsi in modo tale da soddisfare gli aspetti positivi della distensione e della decolonizzazione, che sono da evidenziare e non da minimizzare. Gli scenari ipotizzabili sono due: /o il sistema segue il percorso rigido (tutto imperniato sull'egemonia americana, al più con la mediazione delle potenze selezionate per una politica "delegata" nelle varie regioni: per l'Europa la Rft), /ovvero si adatta a una soluzione più elastica, arricchita dai contributi delle forze più aperte al "movimento" che è nelle relazioni internazionali. Nel primo caso la posizione dell'Ipalmo sarebbe molto difficile, quale che sia il contraccolpo sul rapporto in Italia fra la DCDemocrazia Cristiana e i partiti di sinistra; nel secondo caso, potrebbe invece fornire un'esperienza interessante.

Per favorire l'evoluzione più benevola, l'Ipalmo dovrebbe pregiudizialmente opporsi a ogni identificazione fra rivalità Est-Ovest e rapporti Nord-Sud, come in più di un'occasione hanno fatto,e si capisce perchè, gli Stati Uniti. Nel Medio Oriente, nell'Africa australe e cosi via, gli interessi del mondo occidentale non devono necessariamente essere difesi con la mediazione di governi che si muovono nella logica del colonialismo o del neocolonialismo. Il processo faticoso di riscatto dei paesi in via di sviluppo dalla divisione del lavoro imposta dall'imperialismo provoca ovviamente sacrifici ma è nel senso di più corrette, e quindi "stabili", relazioni internazionali.
E'È significativo che la Germania occidentale, di cui si è già descritta la funzione, sia anche all'avanguardia|nel To 7. sostegno economico e militare dei
regimi che svolgono in altre regioni politiche subimperialistiche (Iran, Brasile, Sud Africa) e sia il più sicuro alleato degli Usa nel "contenimento" delle rivendicazioni del Terzo mondodei Paesi in via di sviluppo per la creazione di un "nuovo ordine economico internazionale". C'è dunque il pericolo che l'allineamento dell'Italia sulle posizioni dell'Europa germanocentrica ci condizioni al punto da dover condividere il razzismo dei bianchi sudafricani o la politica delle multinazionali in America latina, portando al limite della rottura i rapporti fra le forze politiche di centro e la sinistra (in Italia e nell'Ipalmo).

La coerenza con un'impostazione che tenga fermi i presupposti "programmatici" dell'Ipalmo impone uno sforzo serio di analisi e di informazione perché quanto più l'emancipazione del Terzo mondodei Paesi in via di sviluppo incide nel processo di accumulo e nello stesso benessere delle nazioni occidentali (per operazioni del genere di quella dell'OpecOrganization of the Petroleum Exporting Countries), tanto più c'è la tendenza in Italia a ritenere che l'interesse prioritario é di far parte del sistema occidentale, opponendesi all'erosione della potenza economica di questo sistema ad opera del Terzo mondodei Paesi in via di sviluppo. Una volta il "terzomondismo" era contestato essenzialmente con due ordini di motivi: perchè occuparsi del Terzo Mondodei Paesi in via di sviluppo con i problemi di sottosviluppo interno da cui l'Italia è ancora afflitta (obiezione economicistica)e come "fidarsi" dei popoli del Terzo Mondodei Paesi in via di sviluppo, cosi instabili e imprevedibili (obiezione illuministica). Oggi le due obiezioni potrebbero fondersi. E'È su questi argomenti che in fondo confidano gli Stati Uniti quando, in sede OcseOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico o all'UnctadUnited Nations Conference on Trade and Development, coordinano l'azione dei paesi occidentali facendo blocco sulle posizioni "dure". Poichè i partiti principali e la stessa diplomazia italiana, quantunque con molte debolezze e cedimenti (anche all'OnuOrganizzazione delle Nazioni Unite), hanno effetivamente preso le distanze dalle posizioni più arretrate, ci sono le condizioni per un'azione utile. La maggiore "rappresentatività" dovrebbe valere anche per gli Stati Uniti, se la stabilizzazione — come si legge nel comunicato finale dell'incontro di Portorico — non può fare a meno del "consenso" delle forze sociali e produttive.

Nota scritta a manoCN|